I sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica - (1766)





“Träume eines Geistersehers, erläutert durch Träume der Metaphysik” è il titolo reale di quest’opera, composta nel 1766 da Kant come risposta ad una lettera della giovane Charlotte Von Knobloch che lo pregava di interessarsi al caso (in quel periodo d’estrema attualità) Swedenborg, scienziato svedese che asseriva di essere in contatto con gli spiriti. Prima di analizzare nei dettagli la struttura del trattato, è bene precisare come, pur essendo stata pubblicata da Borowski in data 10 agosto 1758, sia in realtà da posticipare almeno di tre-quattro anni.

I motivi che portano a questa datazione sono molteplici: innanzitutto Charlotte nasce nel 1740 ma la sua lettera è ricca di epiteti decisamente inconsueti per una ragazza appena diciottenne; in secondo luogo nella lettera quanto nella risposta viene citato il signor Mendeville, ambasciatore olandese morto nel 1760 ma di cui Kant parla già al passato. Altre discrepanze temporali sorgono infine quando si commenta l’incendio di Stoccolma del 1759 che Borowski data però 1756 e quando Kant sostiene che sta per accostarsi alla lettura dell' “Arcana Coelestia” di Swedenborg, opera in otto volumi scritta dal 1746 al 1763 non ancora accessibile al pubblico nel 1758.

Il trattato è diviso in due parti: una storica ed una dogmatico-speculativa.

In quella storica Kant approfondisce il caso Swedenborg riassumendone gli episodi principali:
uno di questi presenta la vicenda della vedova dell’ambasciatore Mendeville, alla quale un orefice chiese il pagamento per un servizio acquistato dal marito ma, a suo dire, mai pagato. Sicura della mala fede dell’orefice, la vedova chiese l’aiuto di Swedenborg; lo “scienziato” le comunicò che il defunto aveva riposto la ricevuta in un cassetto segreto situato dietro ad un comodino e la donna trovò effettivamente quanto predetto. Il secondo fatto narrato da Kant risale al 1759: durante un viaggio in Europa, pare che Swedenborg fosse caduto d’improvviso in trance e, al risveglio, avesse raccontato di aver visto Stoccolma in fiamme, descrivendo nei dettagli ciò che l’incendio aveva o meno distrutto: rientrati a Stoccolma lui ed i suoi amici scoprirono che la visione corrispondeva a verità.

La parte dogmatico-speculativa è incentrata sulla dottrina pneumatologica, ovvero quella riguardante gli spiriti. Diversamente da molti altri filosofi del periodo come Mach che riteneva l’uomo una macchina priva di parte spirituale, La Mettrie che sosteneva l'esistenza di un’anima mortale e Mendelson che ne affermava esistenza ed immortalità, Kant sente di non potersi pronunciare sull’argomento perché “non ci si può esprimere laddove esprimersi significa affermare conoscitivamente qualcosa di inconoscibile ”.
Kant divide una dimensione logica da una reale: in quest’ultima le cause vengono conosciute grazie all’esperienza, seguendo il criterio di demarcazione.

Individua inoltre un “campo delle ipotesi”: queste ultime, essendo metafisica non possono essere né dimostrate né falsificate perché se così fosse diverrebbero scienza e perciò possono trovare accoglimento solo in sede pratica(nella morale).

Inoltre parla nuovamente di scienza affermando che questa non deve tener conto di ogni testimonianza, ma solo analizzare i fenomeni che si ripetono: “condizione oggettiva” (pluralità).

La pluralità non ha però valore apodittico, cioè non basta che un caso si ripeta più volte per poter dir qualcosa di generale su di esso.

I casi come quello di Swedenborg appartengono alla categoria delle singolarità ovvero non hanno niente di oggettivo.La pneumatologia pone rimedio ad un nostro bisogno pratico concedendoci perciò speranza. E' illecito presumere di conoscere alcunchè al di fuori dell'esperienza, teoreticamente parlando, ma non è illecito opinare. I "sogni" di un visionario e un ragionamento, a livello epistemologico, hanno equal valenza perchè entrambi sono sganciati dall'esperienza.[Platone: "nulla di ciò che è esterno all'uomo può contaminarlo"]

I sogni si dividono in sogni della sensazione e della ragione: i primi sono individuali e personali e non dispongono di partecipazione intersoggettiva, i secondi si basano su qualcosa di universale (la ragione) e sono perciò comuni e non soggettivi. La ragione staccata dall'esperienza non ha limiti.

Il mondo non è la nostra testa!

Dal momento che ogni affermazione dogmatico-metafisica non può dirsi che in senso negativo (ovvero dicendo cosa non è ad esempio Dio non è un portapenne o una matita..) Kant riesce a trasformare la metafisica in scienza, dandole il ruolo di scienza dei limiti della ragione (Sapere che l'uomo non può.. è sapere!).

La metafisica si occupa di dividere le facoltà cognitive; egli distingue tre modalità cognitive possibili:
La scienza che è apodittica, universalmente valida ed oggettiva.
Le opinioni che non hanno peso teoretico, ma unicamente pratico (ad esempio i pregiudizi possono cambiare se si conosce l'oggetto di pre-giudizio).
La fede (fides = fiducia) che non implica il sapere in quanto perché vi sia fiducia deve esservi sospensione dal sapere.
La metafisica determina ad esse dei confini posti nalla nostra ragione dalla natura in modo da non vagare fuori dal proprio dominio.

Conclusione pratica della trattazione è quella che segue:

-scienza: Quante cose vi sono che non so

-sapienza: Quante cose vi sono di cui non ho bisogno

C'è il bisogno di sapere l'immortalità dell'anima?

In conclusione si può dire che come già può emergere da altre opere, ma soprattutto in quest’ultima è evidente l’amore di Kant per la metafisica alla quale ha tentato più volte di dare statuto scientifico riuscendo infine nella sua opera e mettendola addirittura al vertice delle varie scienze e dandole il compito di limitare i confini di ricerca delle altre scienze.

Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto



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