Il domino economico





Dal 1929 al 1931 la produzione industriale statunitense calò di circa un terzo e lo stesso accadde in Germania, senza contare che il precipitare dei prezzi dei generi di prima necessità ed il loro conseguente ritiro dal mercato ne causarono una crisi di produzione. Per fare qualche esempio si può ricordare come scomparve quasi del tutto la produzione di dischi musicali o si possono citare i dati di un’indagine svolta dalla Società delle Nazioni nel ’31 da cui emerge come il calo di due terzi del prezzo di tè e grano e di tre quarti di quello della seta gettarono nella crisi l’Argentina, l’Australia, i Balcani, la Bolivia, il Brasile, la Malesia britannica, il Canada, il Cile, la Colombia, Cuba, l’Egitto, l’Ecuador, la Finlandia, l’Ungheria, l’India, il Messico, l’Indonesia, la Nuova Zelanda, il Paraguay, il Perù, l’Uruguay ed il Venezuela. Il commercio di questi paesi infatti dipendeva in gran parte dall’esportazione di beni di prima necessità ed i loro problemi economici si ripercossero anche su nazioni a loro estremamente legate (come ad esempio l’Austria, la Gran Bretagna od il Giappone). Spesso si vide come unica via di salvezza la produzione di sussistenza o si procedette a curiosi escamotage come in Brasile dove, per cercare di limitare il crollo del prezzo del caffè salvaguardando i redditi dei suoi numerosi coltivatori, lo si utilizzò come combustibile nelle locomotive, riuscendo, se pur in modo “poco elegante” a rendere più tollerabile la crisi.



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