Teoria generale dell'occupazione dell'interesse e della moneta




Successivamente l’attenzione di Keynes si concentrò sulla Grande Depressione. Pur essendo un convinto liberista, inizialmente vide nel ritorno del protezionismo (tramite l’instaurazione di barriere doganali) la miglior soluzione per la crisi del ‘29. Nel settembre del ’31 però, quando la sterlina si svalutò completamente, abbandonò la sua convinzione e, nel suo scritto più importante “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (resa pubblica solo nel ‘36) criticò le dottrine economiche preesistenti dando raccomandazioni politico-economiche e offrendo spunti per difendere il sistema liberale.
Il primo argomento trattato è l’occupazione; Keynes criticò la teoria classica che sosteneva che il mercato del lavoro funzionasse in un modo simile a quello delle merci: come in quest’ultimo vi è un incontro tra domanda offerta ed al prevalere della prima segue un aumento dei prezzi (e viceversa), così se l’offerta di lavoro supera la domanda (degli imprenditori), il salario discende. In un mercato libero il salario diminuirà fintanto che la domanda non diventerà uguale o superiore all’offerta (e non vi sarà alcuna disoccupazione). Questa teoria però, secondo Keynes, può valere solamente in condizioni di piena occupazione perché, nella realtà, il volume d’occupazione è dato dal consumo e dall’investimento: il primo è strettamente legato al reddito ed il secondo dipende dal reddito atteso degli imprenditori (o aspettative degli imprenditori) e dal costo del capitale (saggio d’interesse). Se il confronto tra questi costi e ricavi è positivo le imprese tenderanno ad investire, in caso contrario no. Risulta evidente, perciò, che non può essere garantita la piena occupazione.
In un’altra sezione viene argomentata la sua posizione in campo economico: avverso agli ideali economici del laissez-faire in quanto convinto che la ricchezza possa esser meglio e più velocemente ridistribuita dallo Stato piuttosto che dai privati cittadini (questo perché nel secondo modo gli individui non sarebbero tutelati e, a governare, sarebbero leggi naturali e competizione), crede però che il capitalismo attuale debba mutare per divenire più efficiente ed essere migliore di qualsiasi altra tipologia di governo conosciuta; purtroppo, secondo lui, l’Europa difettava dei mezzi per migliorarlo e l’America della volontà necessaria a compiere cambiamenti radicali.
Nella terza parte viene illustrato il rapporto tra occupazione ed investimento: se la prima aumenta è perché aumenta il reddito reale complessivo in quanto la psicologia della collettività fa sì che ad un aumento del reddito aumentino i consumi (anche se mai tanto quanto i redditi). Se gli imprenditori usassero tutta l’occupazione possibile per soddisfare la domanda, andrebbero in perdita e quindi occorre realizzare un volume di investimento sufficiente ad assorbire la produzione in eccesso: in caso contrario, i ricavi degli imprenditori non basteranno ad indurli ad offrire quel dato volume di occupazione. Ne consegue che il massimo livello di occupazione dipenderà dall’ammontare dell’investimento (da qui un discorso sulla questione di controllo demografico atto a concordare il numero massimo di abitanti sostenibile, argomento che secondo Keynes dovrebbe essere affrontato da un’Unione Internazionale).
Vengono inoltre analizzati il risparmio e l’investimento chiarendo i pro ed i contro degli incentivi visti come fattori legati alla propensione al consumo (osservazioni applicate già in parte da Roosevelt nel New Deal).
Si passa poi ad individuare i fattori che influiscono sulla propensione al consumo:

  1. variazione dell’unità di salario;
  2. variazione della differenza fra reddito e reddito netto;
  3. variazioni accidentali dei valori dei capitali di cui non si è tenuto conto nel calcolare i redditi;
  4. variazioni del saggio d’attuazione (ovvero del saggio d’interesse);
  5. mutamenti della politica fiscale;
  6. variazione delle aspettative sulla relazione tra livello presente e futuro di reddito.

Un altro aspetto interessante è poi quello riguardante l’importanza dell’uso di aliquote per la determinazione delle tasse da pagare e la necessità di revocare le imposte sul reddito e sui guadagni in conto capitale (ossia i ricavi aggiunti al capitale già presente).
Nell’ultima parte considerata per la stesura di questo elaborato, viene trattato il fenomeno degli accantonamenti finanziari, somme di denaro messe da parte per il mantenimento degli impianti e per sopperire ad impreviste spese future. Pur essendo necessarie, quando constano di cifre spropositate superando addirittura la spesa effettiva per i mantenimenti correnti, causano seri danni all’occupazione. Le fonti di ammortamento tendono infatti a sottrarre un certo potere d’acquisto al consumatore già molto prima dell’effettivo utilizzo di tali accantonamenti diminuendo la domanda effettiva corrente. La rapida espansione degli USA dal 1924 al 1929 aveva portato alla creazione di fondi di ammortamento e di stanziamenti per deprezzamenti relativi ad impianti che non richiedevano di venir sostituiti su così vasta scala: si cercava semplicemente di assorbire gli accantonamenti finanziari di una collettività ricca e non turbata dalla disoccupazione vista la notevole difficoltà di trovare sufficienti nuovi investimenti. Questo fattore era probabilmente sufficiente di per sé a causare un crollo, senza contare che l’eccessiva “prudenza finanziaria” delle grandi società durante la Crisi rappresentò un serio ostacolo alla ripresa. Non a caso infatti Keynes critica duramente lo Stato inglese sostenendone la scarsa preparazione in materia economica e ribadendo le gravi conseguenze dei fondi di ammortamento all’occupazione.
Viene ora riportata una tabella concernente la situazione della formazione di capitale in America negli anni del crollo della Borsa:

ANNO

1925

1926

1927

1928

1929

1930

1931

1932

1933

Milioni di dollari

A:

30.706

33.571

31.157

33.934

34.491

27.538

18.721

7.780

14.879

B:

7.685

8.288

8.223

8.481

9.010

8.502

7.623

6.543

8.204

C:

23.021

25.283

22.934

25.453

25.481

19.036

11.098

1.237

6.675


A: formazione lorda di capitali
B: costi per gli imprenditori dovuti al funzionamento degli impianti
C: formazione netta di capitale (A-B).

Nella parte finale l’opera di Keynes tratta di speculazione e di propensione al consumo arrivando a presentare idee atte al miglioramento della società (quali ad esempio l’introduzione di salari minimi). In conclusione, sebbene il testo di Keynes non sia privo di difetti (come quello di non considerare sempre il commercio con l’estero o di non considerare il lavoro statale) rappresenta indubbiamente un pilastro fondamentale per la società del tempo (basti anche solo pensare ai numerosi spunti che ne trasse Roosevelt).



J.M.KEYNES


La conferenza di pace

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